I Caùci di Alvese De.Co.

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Piatto di caùci fatti in casa, genuini e dolci conditi con burro fuso e con una spolverata di cannella.

I caùci sono un piatto dolce della povera tradizione contadina di Alvese, preparato con ingredienti a disposizione in ogni stagione in tutte le case, anche quando si viveva in tempi di miseria: il latte delle proprie vacche, da cui si ricavava anche il burro; le uova delle galline che scorrazzavano per la corte; il pan biscotto, il cui profumo si spandeva nell’aria mentre cuoceva nel forno a legna in tutte le contrade; l’uva passa e la grappa, frutti della vite.

Il pan biscotto viene pestato nella “pila”, un mortaio di marmo presente da sempre in tutte le case di Alvese.

Anche lo zucchero, il limone e la cannella si potevano reperire facilmente anche nei piccoli paesi di montagna come Alvese, solitamente in una osteria o apàlto con vendita di generi alimentari e di prima necessità, ma erano ingredienti piuttosto costosi e quindi da usare solo nelle occasioni speciali.

Infatti i caùci, nonostante il sapore dolce, erano serviti molto raramente come dessert, in quanto costituivano piuttosto il piatto unico del giorno di festa, per la gioia di tutta la famiglia.

Come si prepara: la ricetta

Per diffondere in forma ufficiale la ricetta aspetteremo l’approvazione definitiva del disciplinare De.Co. da parte del Comune di Nogarole. Ancora qualche giorno di attesa, cari amici!

Per ora alcune indicazioni generiche sintetiche. Il pan biscotto viene pestato nella pila e cotto nel latte bollente, che va mescolato fino ad ottenere un composto omogeneo. Una volta raffreddato si aggiunge all’impasto un uovo, l’uvetta, il succo di un limone, zucchero e un goccio di grappa. Dall’impasto così ottenuto vanno tolte delle palline che si devono rotolare sulla tovaglia fino ad ottenere dei grossi gnocchi, che poi vanno lasciati riposare sotto uno straccio per almeno un paio d’ore. Si porta ad ebollizione una pentola di acqua non salata con una parte di latte, in cui un po’ alla volta si immergono i caùci. Man mano che affiorano vanno tolti dall’acqua e conditi con abbondante burro fuso, zucchero e cannella. E buon appetito!

La valorizzazione del piatto: la “Festa dei Maruni” e la De.Co.

Un altro strumento tradizionale, il “crivèlo”, viene usato per passare il pan biscotto pestato ed eliminare le briciole più grosse “prima de broàre el pan”.

Sulle tavole delle famiglie di Alvese capita spesso di mangiare i caùci durante l’anno. Dal 2009, tuttavia, assaggiare i caùci non è più un’esclusiva di alcune famiglie custodi di questa tradizione. Infatti questo piatto è stato inserito all’interno del menù enogastronomico della “Festa dei Maruni” per la serata di apertura, il venerdì.

Negli anni la “serata del caùcio” ha registrato un successo crescente, permettendo finalmente ad un numero sempre più ampio di persone di assaggiare questa eccellenza della tradizione contadina che con il tempo rischiava inevitabilmente di scomparire.

Nel 2018 l’Amministrazione comunale di Nogarole ha deciso di conferire a questo piatto la Denominazione Comunale, pertanto da oggi in poi i nostri caùci saranno Caùci di Alvese De.Co.

Le origini nella tradizione cimbra

La tradizione dei caùci si è tramandata di generazione in generazione e rimane particolarmente viva ad Alvese, dove in più giorni dell’anno vengono serviti in tavola preparate dalle amorevoli mani delle madri o delle nonne.

L’impasto di pane latte e uvetta, una volta raffreddato, viene lavorato a mano formando dei grossi gnocchi dalla forma leggermente allungata, appunto un “caùcio”.

Di questa preparazione è rimasta memoria anche a Vestenanova, nel veronese, e pure a Crespadoro, in particolare nella frazione di Marana, dove si riscontra anche una particolare variante della ricetta in brodo di carne. Questo lascia pensare che probabilmente, un tempo, questo piatto era diffuso in larga parte della Lessinia orientale, in particolare l’alta Valle del Chiampo, nelle zone popolate dai discendenti dei coloni di origine bavaro-tirolese comunemente detti “cimbri”.

Per il tipo di preparazione, infatti, i caùci di Alvese ricordano lontanamente i knödel della cucina tedesca, i knedlíky della cucina ceca e i più vicini canederli presenti nelle cucine regionali dell’Alto Adige, del Trentino, del Friuli, della Venezia-Giulia, del Bellunese e dell’alta Valtellina. Si tratta in tutti i casi di grossi gnocchi che si caratterizzano come un impasto a composizione variabile di pane raffermo, solitamente bolliti.

Nella “Festa dei Maruni” la forma dei caùci è leggermente più sottile di quella tradizionale, per garantire una cottura più veloce nell’acqua e quindi di poter servire più persone in minor tempo.

Non sembra del tutto peregrino accostare queste similitudini alla probabile origine comune di questi piatti tipici, magari risalente al passato medievale quando i “cimbri” dalle regioni dell’Europa centrale si spostarono verso sud occupando anche il nostro territorio.

Tuttavia, tra le differenze più evidenti troviamo che i canederli sono un primo, mentre caratteristica importante dei caùci è la loro natura di piatto unico dolce. Inoltre la base per l’impasto dei caùci è il pan biscotto pestato e non il pane raffermo. Per di più, la classica forma a grossa palla dei canederli, nei caùci di Alvese è sostituita da una forma leggermente allungata tipica della quenelle francese, che trova la sua più genuina ed efficace espressione nel termine veneto “caùcio”.