Contrà Bertoli

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La contrà dei Bertoli nel catasto austriaco del 1833, conservato presso l’Archivio di Stato di Vicenza.

La contrà dei Bertoli si trova pressappoco al centro rispetto a tutte le altre contrade di Alvese, e se guardiamo nel catasto austriaco del 1833 notiamo che all’epoca era la contrada che contava il maggior numero di fabbricati, quindi probabilmente era anche la più popolosa ed aveva la funzione di “cuore” del paese.

Sempre contrà Bertoli, raffigurata qui con dettagli maggiormente nitidi nell’allegato C del catasto austriaco del 1833.

Non a caso qui un tempo – precisamente fino agli anni Quaranta del Novecento – c’era una piccola osteria che aveva anche “l’apalto” ovvero una piccola rivendita di sali, tabacchi, zucchero e beni di prima necessità, che per un certo periodo fu adibita anche alla funzione di scuola elementare.

Un’osteria leggendaria, gestita da Ignazio Venco detto Biciarlìn, il cui spostamento provocò qualche malumore in paese e portò alla stesura di una satira – appunto la satira de l’ostaria – un componimento in rima per prendere in giro alcuni paesani, inventato e trasmesso solo oralmente e di cui purtroppo è giunta fino a noi solo una piccola parte.

Nelle discussioni che animarono gli abitanti della frazione di Alvese quando maturava la decisione di costruire una chiesa, una delle location più probabili era appunto ai Bertoli, in particolare si trattava un podere detto rìndola, situato poco fuori dalla contrada, che si slancia come un promontorio collinare sulla valle sottostante.

Infine poi la scelta ricadde sul terreno donato da Rigodanzo Cherubino, poco sopra ai Bertoli, in posizione più comoda anche per le contrade lontane nonché una zona più pianeggiante e maggiormente panoramica.

Le famiglie storiche

Ai Bertoli le famiglie storiche portano il cognome Zoso, Bauce e Dal Molin. Ma a portare il cognome Zoso era così tanti che col tempo si affermarono due soprannomi a identificare due stirpi legate da una parentela sempre più lontana: i Buràni e i Sòzi.

La famiglia dei “Finchi”, con al centro Bepi Finco al secolo Dal Molin Giuseppe.

Coloro che portano invece il cognome Dal Molin sono detti Finchi per distinguerli dai cugini Menòti e Sinichi che abitano invece in contrà Corati.

Alcuni membri della famiglia Zoso “i Sòzi” immortalati dopo una battuta di caccia alla lepre.

I Sòzi erano una famiglia numerosa e benestante per l’epoca, avevano molti campi e anche un casone sul Faldo (cason dei Sozi o ancora, sul catasto attuale, “cason di Piazza“) dove portavano a pascolare il bestiame. Oggi al suo posto c’è il rifugio Monte Faldo, ristorante e pizzeria, aperto negli anni Ottanta.

Erano inoltre grandi appassionati di caccia, di cui resta immortale memoria in una foto scattata da una storica maestra del luogo, Candida Rizzi, al loro ritorno da una battuta con i loro segugi e in bella vista le lepri catturate. Per l’occasione andarono a cambiarsi e prima dello scatto indossarono l’abito da festa, per non sfigurare vestendo abiti poco degni di essere immortalati in una foto.

La miniera e la calcàra: il murales dei Bertoli

Fino agli anni Cinquanta nei pressi della contrada è rimasta attiva una miniera di lignite che ha dato lavoro a diverse persone dei dintorni, garantendo un salario mensile in tempi in cui l’unica entrata era data dal lavoro agricolo. Dove c’era l’ingresso della miniera oggi c’è una fontana, conosciuta appunto ancora oggi come la miniera.

Affresco di Virgilio Antoniazzi ai Bertoli.

Nel terreno soprastante la miniera si trovava invece la calcàra, una costruzione fatta di dure pietre di basalto nero – il noto sasso mòro locale – all’interno della quale si ponevano a cuocere le pietre bianche calcaree e produrre la calsìna.

Il murales realizzato nella contrada, un affresco opera di Virgilio Antoniazzi, ricorda proprio questi due elementi della storia dei Bertoli. Per saperne di più sui murales clicca qui.

La contrada oggi

Ecco una raccolta di foto attuali della contrada, negli scatti dell’amico Piero Rasia da Trissino.